ROMA CITTÀ APPALTATA ALLA BUROCRAZIA

1 Sono cresciuto leggendo e studiando i maestri e continuo a farlo. All’università, ho imparato da Emilio Garroni che la riflessione sull’arte è la meta-riflessione che ci guida poi attraverso l’etica, la politica e la scienza. Recentemente Tomaso Montanari, interrogandosi sul ruolo della storia dell’arte oggi in Italia (un paese che vanta un patrimonio artistico diffuso), ha affermato come questa ci aiuta a sviluppare un linguaggio di comprensione della realtà, e quindi a essere dei cittadini più consapevoli.
2 Questo è l’esito della riorganizzazione voluta dal Codice Urbani del 2004 sui beni culturali in cui si trova la nozione di servizi integrati, messa lì a bella posta, come la soluzione economica alla crisi del finanziamento della cultura. Quello che non può fare il pubblico, lo dovrebbe fare il privato. Credo che quest’idea di complementarità sottesa al concetto di servizi integrati sia stato il cavallo di Troia con cui aziende come Civita o Zètema hanno, di fatto, esautorato la democrazia dalla gestione pubblica dei beni culturali. Inizi a occuparti della caffetteria, poi passi alla biglietteria, quindi alla selezione del personale e, alla fine, decidi tutta la politica dei musei di una città.
Li chiamano enti strumentali: sono enti strumentalizzabili che operano in regime di monopolio. E non sto dicendo che chi lavora a Zètema o a Civita sia corrotto o impreparato, sostengo che la politica culturale di una città importante come Roma è gestita da Francesco Marcolini – amministratore delegato di Zètema – per fare un esempio. Inoltre, con l’idea di proteggere il lavoro e di razionalizzarne i suoi costi, tale strategia si è spesso rovesciata nel suo opposto; questi enti strumentali sono diventati una sorta di Atac di sinistra: la Zètema, con i suoi circa 850 addetti, e la Civita con i suoi 600 impiegati funzionano di fatto come bacini elettorali.
3 Perché cercare sempre alternative? Chiediamo al pubblico di spendere di più! Ribaltiamo le priorità. Più soldi alla ricerca universitaria e meno risorse per una storia dell’arte ridotta a marketing del turismo. Inoltre: invece di “valorizzare” (come si dice) i beni culturali, portando a spasso per le amministrazioni di destra i Bronzi di Riace per fare cassa, utilizziamo e finanziamo le competenze informali che esistono sul territorio. Anziché finanziare portali tipo Italia.it, si dovrebbero monitorare e coordinare quelle micro-agenzie di informazione dal basso (dai blog agli esperimenti come una volta exibart o eddyburg). Partiamo da quello che c’è già e ha resistito in questi brutti anni recenti.
4 L’esempio dello statuto della fondazione del Teatro Valle è un gioiello da un punto di vista giuridico su cui hanno lavorato sia giuristi di grande qualità come Ugo Mattei e Stefano Rodotà, sia centinaia di cittadini ai quali è stato chiesto di partecipare alla stesura. Oggi ci sono moltissimi strumenti per collaborare alla gestione dei beni culturali, e tra questi alcuni li utilizziamo senza neppure accorgercene.
5 Occorre ripartire dalla formazione del pubblico per evitare un discorso di resistenza inutile; occorre ripartire dall’educazione alla cittadinanza, meglio: dalla scuola e dall’università. Non si capisce perché oggi il Ministero dell’Istruzione e quello dei Beni Culturali siano tra loro separati.
6 Il mercato dell’arte in questi anni è stato utilizzato per fare speculazione finanziaria dalle fondazioni e dalle banche per esempio. Quadri utilizzati come bond e future.
7 Gli artisti devono fare, come tutti, i cittadini. Basta quello. Non serve un’arte, una letteratura, una musica civile. La civiltà dell’arte sta nel suo essere intrinsecamente conflittuale con il proprio tempo. Dategli uno scopo civile e ne farete uno spot di pubblicità progresso che non farà progredire nessuno.
8 Perché solo oggi, dopo che siamo stati abituati a delegare per anni, ci stiamo rialfabetizzando alla politica? Scusate, ma a voi sembra normale che il responsabile cultura di Rai 1 sia un presentatore come Gigi Marzullo, o che il Sovrintendente ai beni culturali a Roma sia Umberto Broccoli?
9 In questo momento a Roma c’è un’amministrazione pubblica terrificante, la cui idea di “metropoli della cultura e dell’arte” si concretizza nella corsa futurista, o nel gran premio di Formula 1 dentro la città. Cosa accadrebbe se fosse il sindaco di Parigi o Venezia a proporre una cosa del genere?
10 Le mie speranze sono riposte nella vitalità dal basso che caratterizza la città di Roma, nutrita in questi anni da una forza informale e dalla capacità delle persone di sviluppare idee e relazioni. È un peccato se a tutta questa energia non sia dato spazio né la possibilità di continuare a espandersi.

CHRISTIAN RAIMO
Scrittore, fa parte del movimento Generazionetq, composto da lavoratori della conoscenza tra i trenta e i quarant’anni.