THERE ARE MANY WAYS TO GET THERE

Ognuno ha i suoi motivi per fare o per amare l’arte. E l’efficacia di una pratica artistica nei confronti di una data società va valutata in modo attento e il più possibile specifico. Fare discorsi generici o strutturali porta inevitabilmente una visione pseudo-scientifica e intellettualistica, quindi distorta, della realtà. Risulta difficile dire in che modo o in che misura l’arte possa entrare nel dibattito politico, sociale o ideologico, altrimenti non parleremmo di arte. Non tanto perché questa non possa condizionare la politica (intesa come attività nell’ambito della sfera pubblica) ma perché ciò non accade in modo diretto e programmato. Se dovessimo ragionare per estremi, diventerebbe facile criticare, in questo contesto, sia chi persegue puri scopi commerciali, sia chi è ciecamente convinto che l’arte possa cambiare il mondo. Spesso il rischio è proprio questo, ossia di innescare una dialettica che procede per opposti estremi, alimentando la spaccatura già esistente tra i vari ambiti e rivelando la dipendenza reciproca tra potere e antagonismo. Forse, per cercare di trovare un punto di congiunzione tra questi due opposti, si potrebbe pensare alla famosa frase di Robert Filliou: “L’arte è ciò che rende la vita più interessante dell’arte”. Perché in effetti quello che di positivo ci si può aspettare dalla pratica artistica è di essere più concentrata sulla dimensione del vivere (liberamente) rispetto a quella del riprodurre un meccanismo dato. Nel complesso delle sue relazioni, tra la sfera individuale e quella pubblica, l’arte dovrebbe appartenere di più a un modo di essere, o semplicemente di non essere utile, e non solo a un modo di fare o di agire per un determinato scopo. In questo senso l’arte può avere a che fare con, e forse in certa misura anche condizionare, il dibattito politico o sociale. Ma vorremmo dare particolare enfasi al “può”, non nel senso di “gli è concesso”, ma in quello di “non deve per forza”. Creare anche involontariamente una gerarchia di valori etico morali, rispetto all’arte, sarebbe un po’ come sostenere che, per esempio, fare il politico di professione sia di per sé una cosa più buona e lodevole che fare l’insegnante di letteratura in un liceo.

NERO
È un magazine trimestrale, una casa editrice e un progetto curatoriale che produce eventi e mostre d’arte contemporanea, libri, cataloghi, edizioni d’artista. Ne fanno parte Francesco de Figueiredo,
Luca Lo Pinto, Valerio Mannucci, Lorenzo Micheli Gigotti e Nicola Pecoraro.