La produzione artistica elabora gli archetipi sociali esprimendone le contraddizioni, le aspirazioni e producendo stimoli al loro divenire. Più incisiva di qualsiasi documento politico, spinge alla riflessione e al cambiamento: essa è strumento del sistema politico o suo avversario, quando non è controllabile. Oggi i lavoratori della conoscenza e dello spettacolo stanno portando alla ribalta il concetto di “bene comune”, amplificando le pratiche dell’auto-organizzazione e della gestione partecipata della res publica, reclamando riconoscimenti in campo economico e del Welfare, quest’ultimo quasi del tutto assente in Italia. Queste figure sono i veri debitori di quel sistema capitalista che, dopo aver esaltato il lavoro immateriale, non è riuscito a fornire alcuna garanzia di progresso e stabilità. La riforma necessaria per rielaborare una nuova politica culturale dovrebbe basarsi sul concetto di “accessibilità” declinata in tre ambiti: gli spazi, gli enti pubblici e le risorse. Roma conta troppi luoghi abbandonati e dismessi, mentre allo stesso tempo le associazioni, le reti e i singoli artisti spesso non sanno dove lavorare. L’esperienza di gestione del Kollatino Underground mi ha permesso di comprendere l’importanza di disporre di spazi destinati a un uso pubblico. È essenziale creare centri culturali in ogni quartiere, a partire dalle periferie, per la riqualificazione dei territori e per favorire progetti artistici indipendenti. La nostra Capitale è un laboratorio creativo in fermento, sebbene la produzione e la circuitazione delle arti sia affidata a vetuste strutture, cattedrali nel deserto. Gli enti pubblici e il sistema dei bandi sono completamente distaccati dalla società e dai territori, incapaci di individuarne i bisogni.
L’accessibilità, la trasparenza e l’equità nella distribuzione delle economie è essenziale.
La crisi che viviamo deriva dalla pessima gestione delle risorse di cui disponiamo, come i bilanci delle istituzioni culturali tristemente affidati agli umori dei rimpasti partitici. Tutto questo avviene a discapito della programmazione artistica, della sua coerenza e stabilità, e si risolve nella politica dei grandi eventi. La pubblica amministrazione deve generare strumenti e pratiche virtuose per favorire l’investimento privato nel settore della cultura, capace di autofinanziarsi nel lungo periodo attraverso l’esportazione e la visibilità. La riappropriazione avviene a questo livello, unendo gli intenti, le proprie reti territoriali e di categoria.
CHIARA CRUPI
Fa parte dell’esperienza Kollatino Underground, un centro attivo nella produzione e la diffusione di arte e cultura indipendente, occupato dal 2002 a Roma.