Il ruolo dell’arte è quello di incarnare una moltitudine di tumultuose metamorfosi. L’atto creativo corrisponde all’atto politico, ma l’uno non si esaurisce nell’altro: l’arte è sempre voce critica del sistema sociale e culturale. Sulla soglia della catastrofe questo sistema può auto-organizzarsi in un processo costituente e i lavoratori della conoscenza (arte, cultura e spettacolo) possono esserne i protagonisti attraverso pratiche di lotta e artistiche condivise. La lotta per i “beni comuni” in questo senso è un atto performativo, non rappresentativo, di trasformazione e metamorfosi: un gesto materiale compiuto dai lavoratori dell’immateriale. Questa pratica può creare nuove istituzioni attraverso la costruzione dell’autonomia dei soggetti che la agiscono e l’elaborazione dell’autogoverno nelle diverse forme di autorganizzazione del lavoro, della produzione e della formazione. Ciò che immaginiamo per la Fondazione Teatro Valle Bene Comune è un’istituzione dell’imprudenza, dinamica e non cinetica, più simile a un organismo vivente dotato di passioni e desideri che un dipartimento amministrativo: snodo d’incontri e relazioni multiple, luogo di produzione sociale condivisa e di cooperazione. Articolandosi tra gli ambiti artistico, giuridico ed economico, questo progetto cerca di intrecciare il discorso sul reddito (tutela del pensiero libero e indipendente) con la implementazione di altre economie e visioni alternative rispetto alla produzione artistica. Per citare Christian Marazzi: “C’è qualcosa che rende simile l’economia alla religione e cioè che, anche per l’economia, il suo meglio deriva dal fatto che essa susciti eretici”. Come eretici, sappiamo che l’industria culturale in Italia non è un settore marginale bensì vivo, con un indotto articolato e radicato nel territorio, con saperi professionali altissimi e riconosciuti a livello internazionale. La nostra produzione culturale è incessante, diffusa e comune: Roma ne è un esempio felice con la sua costellazione di spazi per la cultura indipendenti.
Il finanziamento pubblico e la rappresentanza politica sono praticamente inscindibili in Italia, nella pratica e, ancora prima, nell’immaginario collettivo: ingerenza dei partiti, clientelismo, nepotismo e corruzione. Ma la nostra Costituzione afferma che la Repubblica deve promuovere la cultura e, per questo, noi chiediamo che sia il pubblico, dal Comune allo Stato, a finanziare la cultura e i teatri; nello stesso tempo chiediamo che partiti e politica stiano fuori dalla gestione della cultura e dei teatri. Esistono diverse esperienze di finanziamenti alternativi capaci di generare fondi indipendenti a sostegno della sperimentazione artistica e culturale, mentre altre sono allo studio. Si va dal crowdfunding e forme di autoproduzione dal basso degli spettacoli a proposte di scambi non monetari e altri ancora.
To be continued…
SILVIA DE FANTI
Fa parte del Teatro Valle Occupato, un’esperienza iniziata nel 2011 che ha dato avvio alla costituzione della Fondazione Teatro Valle Bene Comune. Vive e lavora a Roma.