IMMAGINARE UN WELFARE PER L’ARTE

L’attitudine delle istituzioni nei confronti dei centri di diffusione artistica è troppo spesso finalizzata a un palcoscenico che attesti il “buon operato” del proprio mandato.
La commistione tra carriera politica e gestioni artistiche rappresenta un nodo nevralgico delle problematiche disfunzionali che allontanano la possibilità di affrontare un discorso fattivo e lungimirante. Il Ministero per i Beni Culturali, così come i luoghi cardine della produzione e della diffusione artistica in Italia sono in mano a soggetti politici poco interessati a gestire queste realtà, o senza le competenze per dialogare con la comunità artistica internazionale. La direzione e la gestione di centri di questo tipo dovrebbe essere affidata a profili tecnici chiamati ad affiancare i politici preposti a determinati incarichi. I presupposti ideologici, se così vogliamo chiamarli, che portano a una certa inadeguatezza progettuale, possono essere ricondotti alla visione dell’arte come industria da parte della politica. Il sistema dell’arte è senza dubbio anche un’industria, sebbene non si possano applicare gli stessi parametri della dinamica industriale. Non si possono giudicare i luoghi della produzione artistica secondo criteri limitatamente utilitaristici o commerciali. Un museo potrebbe e dovrebbe essere paragonato, in certo qual modo, a un ospedale. Il suo successo non può essere decretato esclusivamente sulla base dei numeri, degli utili in attivo. Se musei e ospedali sono in perdita non significa che non funzionano. Come valutare, con il solo ausilio dei numeri, il grado di beneficio delle cure prestate ai pazienti? Gli spazi di sperimentazione e di ricerca, per loro natura, difficilmente riusciranno a essere in attivo. L’artista nella società può migliorare della qualità della vita di ognuno, realizzando una possibilità di visione e di esperienza polifonica dell’esistenza. Più un paese è in crisi, più ai cittadini dovrebbe essere garantito libero accesso ai luoghi di produzione e diffusione artistica. In Austria, dove vivo, ai cittadini con un reddito inferiore all’aliquota minima è garantito libero accesso a tutti i musei; questo è un dato importante che dà fiducia alla comunità e alla programmazione dei centri di progettazione e di ricerca artistica. Per fare questo non si richiedono fondi, ma solo idee e – in mancanza di quelle – la voglia di fare. In questo momento storico caratterizzato dalla crisi profonda dell’idea stessa di Welfare, è di fondamentale importanza riflettere su forme alternative di finanziamento. Gli artisti e quelle istituzioni abituate da sempre a lavorare con finanziamenti pubblici vivono le difficoltà maggiori se non un vero e proprio stato di emergenza. L’Olanda è uno degli esempi epitomi di questo modello. Negli ultimi anni (raggiungendo un picco negli anni Novanta) artisti non solo olandesi, ma residenti in Olanda, hanno regolarmente beneficiato di finanziamenti pubblici, spesso generosi. Dovendo fare i conti con tagli alla spesa pubblica e al Welfare sempre più pressanti ma necessari, ritengo sia preferibile che i primi soggetti a doverne beneficiare siano le istituzioni pubbliche. È più importante sostenere economicamente la programmazione di un museo o di un centro di ricerca piuttosto che il singolo artista. Quest’ultimo, soprattutto se giovane, può affiancare e approfondire la sua ricerca facendo un lavoro altro che gli permetta di vivere. In un mondo ideale, è ovvio, gli artisti dovrebbero sempre ricevere sostegno pubblico, ma in questo momento la pianificazione economica degli Stati si trova a dover far fronte a preoccupazioni che riguardano i bisogni basilari degli individui. La criticità delle condizioni attuali impone l’elaborazione di nuove idee: un cambiamento necessario per scongiurare atteggiamenti di lassismo, che rischiano di compromettere l’operato di quei soggetti abituati ad adagiarsi su fondi pubblici, un tempo consistenti e costanti. In Olanda, dove il privato non ha mai veramente sostenuto l’arte, oggi iniziano a emergere iniziative private e modelli di commistioni pubblico-privato. I momenti di difficoltà permettono all’uomo di trovare nuove strategie, rivelando il meglio di sé. Il superfluo si eclissa, nel quotidiano come nella produzione artistica.

FRANCESCO STOCCHI
Senior Curator al Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, dal 2012 è editor di AGMA Magazine.