Dopo anni di malgoverno e di cattiva informazione, il paese tenta ora un recupero i cui tempi fisiologici saranno molto lunghi. Nel frattempo si stanno creando strani cortocircuiti: se da un lato abbiamo strutture museali che dimostrano una vitalità culturale importante, dall’altro le stesse faticano a mantenere una programmazione di livello internazionale, perché contano su fondi pubblici ridotti. A Roma i due nuovi musei MAXXI e Macro sono un esempio di queste difficoltà. La loro costruzione, conclusasi in contemporanea nel maggio del 2010, ha assorbito costi molto elevati e ha regalato alla città due poli di produzione e fruizione culturale internazionali. Tuttavia è evidente che queste strutture museali, come tutte le altre, non hanno a disposizione altrettante risorse economiche da indirizzare nella programmazione, o nella gestione ordinaria degli spazi, penalizzando in alcuni casi i contenuti, o rischiando addirittura di chiudere i battenti in altri – come paventato per il MADRE o il PAN di Napoli, inaugurati in pompa magna nell’ultimo decennio. Lo stesso fenomeno investe non solo i musei e il Teatro Valle ne è un esempio: tagliati i fondi, la sua chiusura è stata evitata grazie a un’occupazione autogestita di lavoratori e volontari. In alcuni casi, sono i privati a sopperire ai tagli delle istituzioni. I collezionisti, le gallerie o gli “amici del museo”, sostengono le attività delle istituzioni in questione, rendendo possibili progetti altrimenti irrealizzabili. In Italia, la questione culturale deve essere affrontata nel senso più ampio del termine. Se non si capisce questo, l’arte e la cultura non saranno mai integrate nella vita reale né costituiranno un elemento di crescita per il paese. Mancano gli interlocutori e in tal senso sarebbe auspicabile avere un Arts Council di stampo anglosassone per coordinare fondi dedicati all’arte, alla musica e allo spettacolo, che sia di supporto agli artisti e capace di offrire tirocini di formazione estera a chi muove i primi passi in questo ambito. La formazione e le accademie hanno un ruolo fondamentale, così come la creazione di spazi di sperimentazione in grado di muoversi parallelamente alla programmazione istituzionale; laboratori per i più piccoli; iniziative di integrazione con il tessuto urbano. Insomma, abbiamo bisogno di una riforma strutturale perché manca una “cultura della cultura”.
ILARIA MAROTTA e ANDREA BACCIN
Fondatori di Cura, una rivista, una casa editrice e una project room con sede a Roma.