7.BERLIN BIENNALE REPORT – TERESA MARGOLES INTERVISTA

Teresa Margolles, PM2010
Il margine del corpo che dice la verità al potere

La frontiera del Messico, negli ultimi anni, è divenuto il modello negativo del nesso violenza- oblio: i corpi dilaniati si dissolvono, spariscono e sono taciuti. La materialità del vivente, semplicemente, desaparece. Ed è qui che interviene l’opera sociale, come la Margolles stessa la definisce, per far parlare quei corpi invisibili che ci raccontano storie di narcotraffico, prostituzione, militari corrotti, rapimenti e regimi collusi. Quelle tracce vogliono dire la verità al potere, gridare ciò che nascondono e mostrarcelo nella loro drammatica quotidianità.

Il corpo, la sua perdita, il farsi cadavere di questo corpo, scende in strada. La sua opera, prima reclusa in un interno, adesso fuoriesce nello spazio aperto, muta di segno passando dal silenzio della morte al rumore della strada, rivolgendosi a tutti, lì dove può essere fotografato, ma anche visto. I resti sono visibili, il “margine” del corpo stesso si afferma nello spazio di confine e diventano una fonte, traccia della catastrofe taciuta e negata.

Il confine tra la vita e la morte diviene il protagonista dell’opera, dove la prima dovrebbe essere quella che prende parola è invece la seconda a farsi segno e parola inscrivendo il vivente. Per questo, nel 2010, un anno da bollettino di guerra, l’artista sinaloense ha raccolto 313 copertine del giornale PM in vendita ogni giorno alle 13 nella città di confine di Ciudad Juárez. Un giornale che non è possibile trovare online, ma esclusivamente nella città più violenta del mondo: circola nelle strade e tra i suoi abitanti, un’informazione che giace fra le persone costruendo un’immagine specifica della frontiera.

La scelta del quotidiano è legata all’informazione visuale che porta in sé, un’informazione che non mente e mostra una realtà non più negabile, neanche quando i governi affermano che la violenza sia finita. Osservando la copertina di PM, l’attenzione dell’osservatore è costretta a muoversi tra la squallida pornografia e l’efferatezza di morti violente, una sorta di pornomortifero che diventa la cartina di tornasole di questa ambiguità letale: “Spogliano e uccidono una donna” recita il titolo e di lato una ragazza nuda di spalle con sguardo ammiccante e la scritta “ha una sopresa dentro”. Una vera e propria normalizzazione dell’erotismo e della sofferenza, del sangue mostrato come uno splatter di cattivo gusto e il corpo pulito di una donna in mostra che diviene oggetto di mercificazione violenta, di frazionamento fisico, un oggetto sempre scomponibile ed eliminabile. Infatti, i resti dei corpi messicani non hanno alcuna dignità per i narcotrafficanti, non possiedono unità né luogo di sepoltura, ma attraverso le immagini di PM diventano visibili a tutti, sbandierati in prima pagina e indissolubilmente legati all’eroticità del corpo femminile.

Teresa Margolles compie quindi una doppia parabola nel suo lavoro sociale. Da un lato fa parlare quei corpi, li rimette al centro come traccia visibile ed esistente, dall’altro, ci permette di guardare il discorso sulla morte che viene imposto, una parodia erotica e disciplinante iscenata per poter digerire quello che, ormai, in molti definiscono lo sterminio dei giovani messicani. Non un’opera, quindi, ma un impegno sociale. Tanto che, prendere uno dei poster in cui è raffigurato un’estratto delle 313 copertine di PM è la possibilità stessa di far circolare questo lavoro al di là della 7BB e del Messico.

Claudia Bernardi