LA VIRTÙ CONTRO LA RENDITA

Lo spaccone, un film del 1961 interpretato da Paul Newman, sembra riassumere la principale tonalità emotiva del tempo presente: lo sperpero della virtù. Paul Newman è un talentuoso giocatore di biliardo, incapace di gestire e amministrare la propria abilità. È probabilmente il miglior giocatore del mondo, ma dalla propria virtù non riesce a trarre alcun profitto, non è per lui fonte di alcun guadagno. La sua vita sembra cambiare quando incontra un agente che gli promette organizzazione, metodo e soldi. Ma è chiaro da subito che le ragioni del talento non sono le ragioni del denaro, e tra la virtù del giocatore e la speculazione dell’agente c’è un conflitto. Perché il manager di Paul Newnam non è altro che un parassita, un bravo scommettitore, insomma un rentier dotato del solo talento di poter comprare qualunque domani. È padrone di “tutti i domani”, perché è in grado di “comprarli oggi e di comprarli a poco”. Grazie al denaro, non solo egli è padrone della virtù del giocatore che rappresenta, della sua vita e delle sue regole, ma è anche padrone del suo tempo. Cosa resta a Paul Newman della propria virtù? Unicamente la certezza di poterla sperperare, sottraendola a qualunque logica del profitto.
Siamo di fronte a un paradigma ben noto nel mondo dell’arte: il talento, l’abilità, l’intelligenza e il virtuosismo, da un lato; la gestione, il commercio e il profitto dall’altro. Ma non si tratta forse di un paradigma più generale, valido per tutto quel lavoro fatto di talento e virtù, di facoltà e abilità, di capacità e libertà? Quindi per tutto il lavoro cognitivo oggi? La virtù contro la rendita è la linea di frattura del tempo presente.
Ovunque in Europa prendono piede governi di rentier. Rappresentano gli interessi di chi fa profitti con una scommessa, di chi oggi può comprare a poco tutti gli altrui domani. I virtuosi contro gli scommettitori, il talento contro la finanza. Lo sperpero, la dissipazione della virtù come uniche forme di resistenza e azione di protesta? Forse no. Ma qui, lungo questo fronte, dovrebbero stare le istituzioni dell’arte e della cultura. Scegliendo da che parte stare: con i virtuosi o con gli speculatori? Al servizio dei governi dei tecnici o a difesa del talento del lavoro? A organizzare vernissage per fondazioni bancarie o a impedire il più grande macero di intelligenza che la storia abbia mai conosciuto?

ILARIA BUSSONI
Redattrice della rivista AlfaBeta2. Ha dato vita (con Sergio Bianchi) alla casa editrice DeriveApprodi, Roma.