TUTTO IL RESTO È’ NOIA

1 Non credo nella democrazia. Tanto meno credo che l’arte sia democratica. La democrazia è soltanto una forma di controllo sociale e culturale esercitata da chi ha potere nei confronti di chi non ne ha. La stessa cosa vale per l’arte o per il sistema dell’arte. Figuriamoci se l’arte può intervenire nella società e per di più come “voce critica”. Critica di cosa? E poi, i dibattiti attuali… dibattiti su cosa? A mio avviso gli artisti o gli operatori culturali dovrebbero dibattere, appunto, sullo stato di ignoranza, la mia e la vostra, che ci affoga e ci rende spettatori e corresponsabili di un sistema sociale e culturale che ci sostiene sempre a metà. Mai fino in fondo.
2 Chiedete ai politici, ai berlusconiani e agli anti-berlusconiani come mai le istituzioni per l’arte impiegano i loro fondi nella loro gestione. In particolare agli ultimi, che riempiono i loro salotti di cataloghi regalati e libri non letti, semplicemente per fare salotto. Questa è l’unica forma di “bilancio” che conoscono.
3 Non saprei come progettare finanziamenti alternativi. Probabilmente bisogna fare affidamento sul privato. Anche sul singolo privato, collezionisti, gente che ama l’arte, speculatori di ogni genere. Forse tutte queste energie private andrebbero coalizzate di più, senza schieramenti che sembrano tifoserie da stadio.
6 Le opere d’arte sono fatte per essere vendute, di conseguenza è normale che si istauri una sorta di competizione tra gli artisti. L’importante è che sia sana competizione. La precarietà del lavoro nel sistema dell’arte è data dalla mancanza di cultura e di un’economia istituzionale gestita dalla classe politica e dal capitale industriale. Gli spazi no profit? Sono un’ottima vetrina per accedere al profitto, ovvero alla commercializzazione dell’opera d’arte.
7 Gli artisti non hanno nessuna responsabilità. Il nostro compito è quello di lavorare (in solitudine o meno), produrre opere e mostrarle. Il palcoscenico (ovvero la vitalità, la qualità culturale della città e via dicendo) deve costruirlo la classe dirigente con l’aiuto di ottimi interlocutori (fondazioni, musei, spazi vari…) che interagiscono con gli artisti.
8 Una cosa è la politica, una cosa è l’arte. Non credo sia possibile un dialogo con i politici o gli amministratori di chissà che cosa, né tanto meno a comitati consultivi – che sono un’ottima vetrina per perditempo vari in cerca di notorietà gratuita.
9 Come romano, anche se ho sempre pensato di essere un romano un po’ anomalo, non disdegno la romanità. Se il Macro o il MAXXI un giorno facessero la retrospettiva di Franco Califano sarei ben felice. Ma sono talmente presi dalla loro voglia di esserci che negherebbero anche i parenti. Malati di esterofilia. Roma non parla di Roma, il sistema dell’arte è completamente slegato dal contesto cittadino. Di conseguenza, ogni volta che un’istituzione artistica si avvicina, è normale che un artista si senta manipolato.
10 Non credo a una dimensione municipale. Il problema non è Roma ma l’Italia. Immagino un sistema politico, sociale e di conseguenza culturale solido, chiaro, efficiente e soprattutto di carattere nazionale. È partendo da quest’ultimo elemento che si possono creare reti transnazionali.

ANDREA SALVINO
Artista. Vive e lavora a Berlino.