CRITICA DEL LAVORO ARTISTICO AL TEMPO DEL NEOLIBERALISMO

Il mio lavoro dipende economicamente da istituzioni che, a loro volta, sono controllate da istanze politiche che ne stabiliscono le sovvenzioni. Il primo messaggio di qualsiasi opera creata in tali condizioni (indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia politico o no) è celebrare l’istituzione che la espone, legittimando implicitamente il suo funzionamento e orientamento, nonché il potere politico che l’autorizza. Rifiutare apertamente questo ruolo significa essere maleducati, se non addirittura rischiare l’isolamento.
• Storicamente si è constatato come le innovazioni artistiche fioriscono in gran parte laddove il liberalismo economico è più inventivo e selvaggio.
• Lo status dell’artista presenta condizioni sociali che il neoliberalismo vorrebbe offrire all’insieme dei lavoratori. Oltre alla tutela sociale quasi nulla, questo sistema iper-concorrenziale produce una situazione di generale sottomissione al sistema, mentre l’interscambiabilità e l’isolamento degli attori impediscono loro di costituirsi in forza politica, anche solo per intraprendere forme corporative di lotta.
• Costretto a orientare la mia produzione tra un prodotto di lusso per collezionisti e un accessorio con funzione sociale giustificabile in termini di spesa pubblica, il controllo che posso esercitare sul suo ruolo politico e sociale decresce in proporzione alla notorietà che incontra. A partire da questa constatazione, mi sembra fuori luogo rivendicare un impegno esplicitamente politico ai contenuti del mio lavoro, senza correre il rischio di considerare questo come un semplice motivo o alibi. È nei suoi aspetti periferici e nella sua messa in pratica che è ancora possibile procedere al rinnovamento e allargamento del pubblico abituale dell’arte, uscendo dai luoghi fisici dell’istituzione per avvicinarsi a quelle persone che non li frequentano. È anche possibile rompere l’isolamento e contrastare la logica concorrenziale, elaborando con altri artisti, con o senza sostegno istituzionale, progetti che passino per il giudizio di una commissione. Superare questo individualismo significa iniziare a esistere politicamente tramite una forma di solidarietà capace di opporsi ai dettami ultra liberali che governano abitualmente il mondo dell’arte. La rivalutazione del rapporto con il pubblico e la ridefinizione delle relazioni tra gli artisti, al di là dei contenuti delle opere, sembrano definire un campo d’azione politico realista, efficace e accessibile. Queste sono le due linee che ho adottato negli ultimi anni, elaborandole regolarmente con altri artisti capaci di uscire dal circuito dei soliti luoghi espositivi.

LAURENT FAULON
Artista. Vive e lavora all’Istituto Svizzero di Roma.