LA FRITTATA È FATTA

L’arte contemporanea potrebbe – e dovrebbe – avere un ruolo importante nella produzione culturale critica, cioè introdursi come voce critica all’interno delle dinamiche politiche e sociali. Concepisco l’arte contemporanea come uno strumento importante di formazione (anche se formazione è una parola problematica), perché scardina le competenze e le divisioni disciplinari e mette in discussione i rapporti usuali di potere, compresi i rapporti con le amministrazioni e la cultura. Ma a Roma questa possibilità non si trova nella condizione di funzionare. La politica culturale nella amministrazione pubblica valorizza la dimensione spettacolare e comunicativa dei grandi contenitori come il MAXXI, il Macro e l’Auditorium, e questa importanza schiaccia tutte le potenziali iniziative indipendenti, perché assorbe tutti i fondi e perché crea un peso politico enorme di tensione, di lotta sulle posizioni di potere all’interno di queste grandi istituzioni. Per quanto ne possiamo stimare i direttori, i curatori, le persone che lavorano dentro queste grandi istituzioni, sappiamo benissimo che i loro margini di autonomia sono estremamente ridotti. Può sembrare che l’arte contemporanea abbia un’importanza crescente all’interno della città. In realtà quelli che lavorano a Roma lavorano in condizioni più difficili di prima: la loro situazione è peggiorata grazie all’esistenza del Macro o del MAXXI o di quanto fatto all’Auditorium, che hanno ridotto ancora di più gli spazi di autonomia. È chiaro che esistono dei piccoli nuclei di attività che ogni tanto si accendono, e forse l’occupazione del Teatro Valle – in alcuni aspetti – rappresenta la proposta più interessante, più costruttiva, e anche quella meno costosa di tutte. Ma ormai, come si dice, la frittata è fatta: è difficilissimo tornare indietro, anche se Roma è piena di spazi che il Comune avrebbe potuto valorizzare e finanziare a costi infinitamente più bassi. A questo riguardo ricordo Fausto delle Chiaie, un artista che tutti i giorni espone in strada e che ha un pubblico costante, numeroso, appassionato e molto interessato criticamente al suo lavoro e al suo museo all’aria aperta. Lui ha una visione curatoriale, critica che nessun altro museo può vantare, il suo lavoro è interessantissimo e quel museo costa zero lire! Un ottimo esempio di come si possono fare iniziative estremamente interessanti a costi bassissimi. Un’amministrazione pubblica saggia e lungimirante dovrebbe avere la visione di valorizzare le cose che esistono e non crearne di nuove, pesantissime e inutili. Aggiungerei che negli ultimi anni il panorama dell’arte contemporanea a Roma ha indubbiamente visto una moltiplicazione di interesse da parte di una generazione (ormai persone abbastanza mature) che ha iniziato a formarsi negli anni 2000 e che sta facendo un sacco di lavoro; penso al collettivo di NERO, a Ilaria Gianni e a Cecilia Canziani che gestiscono la Nomas Foundation e penso a tantissime persone che hanno, in questi ultimi anni, lavorato e fatto delle cose egregie.
Tuttavia ho l’impressione che queste iniziative rischiano di cadere in un terreno un po’ arido se la presenza massiccia di queste grandi istituzioni non trova un campo nella città diffusa.

CESARE PIETROIUSTI
Artista. Vive e lavora a Roma.