SOLIDARITY ACTION #2 / ARTUR ŻMIJEWSKI: FORGET FEAR

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L’arte non uscirà mai dal suo ghetto finché qualcuno non ne avrà bisogno. Tra costoro potrebbero esserci i movimenti sociali che lavorano per risolvere i bisogni socio-politici ed economici delle società di tutto il mondo. Sfortunatamente, non sembra che questi movimenti abbiano bisogno degli artisti per raggiungere i loro obiettivi. L’arte ha bisogno di essere reinventata…” Artur Żmijewski 

Forget Fear, a cura di Artur Żmijewski e Joanna Warsza, prima di una serie di pubblicazioni della 7. Berlin Biennale, è un report sull’azione reale all’interno del contesto culturale e sull’utilizzo del pragmatismo dell’arte. Il volume si occupa delle relazioni concrete fra artisti, curatori e politici, che conducono a effetti visibili.
“Ci interessa cercare risposte, non porre domande. Ci interessano quelle situazioni in cui l’arte agisce nella realtà ed è capace di proporre e sviluppare soluzioni con responsabilità. Non ci interessa preservare l’immunità dell’arte né prendere le distanze dalla nostra società. Consideriamo la politica come una delle più complesse e difficili tra le attività umane. Abbiamo trovato persone – artisti, attivisti, politici – che si impegnano nei processi concreti della politica attraverso l’arte”.

Forget Fear include testi e conversazioni con leader politici come Antanas Mockus, ex sindaco di Bogotá; il regista teatrale Árpád Schilling; Voina Group; Tímea Junghaus, che lotta contro l’oppressione dei Rom in Europa; Pixadores, il gruppo brasiliano di graffitisti underclass che ha attaccato la Biennale di San Paolo; e l’islandese Best Party, che ha conquistato il successo elettorale dopo la crisi finanziaria del 2008. Tutti questi protagonisti utilizzano strumenti performativi per sostenere le loro cause e per denunciare forze socio-politiche e interessi nascosti.
Con i contributi (tra gli altri) di: Paweł Althamer, Gábor Bakos, Yael Bartana, Einar Örn Benediktsson, Daniel Blatman, Christian Boltanski, Galit Eilat, Olafur Eliasson, Julián García, Jón Gnarr, Jan Tomasz Gross, Jerzy Hausner, Péter Juhász, Gideon Levy, Renzo Martens, Antanas Mockus, Joanna Mytkowska, Luis Ospina, the Pixadores, Srđa Popović, Alison Ramer, Dorota Sajewska, Árpád Schilling, Marcin Śliwa, Igor Stokfiszewski, Hans-
Christian Täubrich, Joanna Tokarska-Bakir, Fernando Vallejo, il collettivo Voina, Zofia Waślicka e Rafał Żurek e un CD di Teresa Margolles.

ESC è un atelier autogestito, occupato nel 2004 e composto principalmente da studenti, ricercatori e precari.
Questo spazio indipendente è costituito da differenti progetti come LUM – Libera Università Metropolitana e servizi dedicati alla difesa di precari, studenti e migranti. Centro di ricerca e di elaborazione politica, ESC è un luogo di organizzazione del lavoro precario e delle lotte sociali a livello metropolitano, europeo e globale.

Artur Żmijewski (Varsavia, 1966) è curatore della 7. Berlin Biennale.
Inizia a lavorare come artista negli anni Novanta, quando segue i corsi di scultura di Grzegorz Kowalski all’Accademia di Belle Arti di Varsavia insieme a Katarzyna Kozyra e a Pawel Althamer. In quegli anni lavora principalmente con la fotografia e il video: si avvicina ai temi della repressione e dei traumi sociali e scatena un dibattito sociale attraverso la sua espressione artistica. Il suo lavoro diventa noto per An Eye for an Eye (1998-2000): qui Żmijewski lavora con un gruppo di portatori di handicap mutilati degli arti.
Nel 2005 rappresenta la Polonia alla 51a Biennale di Venezia con il film Repetition (2005). Nel 2007 pubblica una serie di interviste ad artisti dal titolo “Drżące ciała” (Trembling Bodies). Collabora regolarmente con la Foksal Gallery Foundation ed è Art Director della rivista socio-politica di sinistra Krytyka Polityczna. La collaborazione con KP gli ha permesso di teorizzare la sua posizione artistica attraverso articoli come “Stosowane Sztuki Społeczne” (The Applied Social Arts). Pubblicato per la prima volta sulla rivista nel 2007, “The Applied Social Arts” ha provocato un dibattito crescente attorno a un’unica questione: la necessità dell’arte contemporanea di avere un impatto sostanziale sulla società. Nel suo manifesto, Żmijewski analizza situazioni particolari diverse in cui definisce l’“arte come politica” ma “senza la politica”, e descrive la condizione secondo cui l’arte alimenta il suo potenziale politico nell’ambito del sistema dell’arte, nelle gallerie ad esempio, ma non sul piano del confronto reale che si svolge da tutt’altra parte, come attraverso i media. Artur Żmijewski vive e lavora a Berlino e Varsavia.

In collaborazione con ESC atelier autogestito
Media partner NERO